• Fabrizia De Cuia
La gestione delle incompatibilità a scuola
• Attilio Varengo
Introduzione al CCNL 2019/2021
Comparto Istruzione e Ricerca
STRUMENTI di LAVORO
La gestione
delle incompatibilità
a scuola
Il dipendente pubblico,
sia docente sia ATA,
può svolgere un’altra attività
o la propria libera professione.
A patto che rispetti regole e procedure che discendono dal principio costituzionale, ampio e omnicomprensivo, di esclusività
che caratterizza lo status
di dipendente pubblico.
Avvocato, responsabile dell’Ufficio Legale e Privacy CISL Scuola Nazionale
I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, è quanto sancisce l’art. 98 della Costituzione
DUNQUE, IL PRINCIPIO DI ESCLUSIVITÀ
Secondo il legislatore, il dipendente pubblico ha l’obbligo di dedicare la propria attività interamente all’Amministrazione di appartenenza e, pertanto, di non sottrarre in alcun modo le energie lavorative svolgendo altre attività estranee al proprio rapporto di lavoro.
Per docenti e ATA che volessero svolgere un’altra attività extraistituzionale, sia per organismi pubblici che privati, devono sussistere determinate caratteristiche.
Ovvero vanno garantiti la compatibilità dell’attività, la sussistenza dei requisiti di occasionalità e temporaneità ed esclusa l’eventuale presenza di conflitto di interessi.
Numerose sono le ipotesi e le variabili applicative, e diversi sono gli aspetti da considerare: dalle differenze tra personale in servizio e neo-immessi in ruolo, con contratto a tempo pieno o part time, alle modalità e tempi di richiesta al Ds di autorizzazione a svolgere altra attività, con alcune differenze anche tra docenti e personale ATA.
Al Ds spetta verificare se nulla contrasti con le norme vigenti – e dunque accogliere e autorizzare – o, in caso contrario, respingere tale domanda; e, anche, revocarla a seguito di altri elementi successivamente emersi.
ESCLUSIVITÀ: L’ECCEZIONE È IL PART-TIME
Una deroga di tipo “soggettivo” al dovere di esclusività è prevista per il personale con contratto di lavoro a tempo parziale, con prestazione di lavoro fino al 50% di quella a tempo pieno (art. 53, D.lgs 165/2001).
Tale personale può infatti svolgere attività di lavoro subordinato o autonomo, a condizione che non sia in conflitto d’interesse con l’attività svolta a scuola, non arrechi pregiudizio alle esigenze di servizio e che non si tratti di attività alle dipendenze di altra PA.
ATTIVITÀ INCOMPATIBILI O CONSENTITE. OCCORRE SAPER DISTINGUERE
In base alle norme vigenti le attività possono essere ricondotte a tre diverse fattispecie:
- Attività assolutamente incompatibili: lo sono sempre ed a prescindere dalla richiesta e concessione di un’eventuale autorizzazione da parte dell’Amministrazione (è il caso delle attività commerciali o dell’accettazione di cariche in società aventi scopo di lucro).
- Attività consentite, previa autorizzazione. In questi casi la condizione che legittimità l’attività, in sé incompatibile, è l’autorizzazione.
- Attività “liberalizzate” consentite di per sé. In questi casi non è necessaria l’autorizzazione da parte dell’Amministrazione quale causa legittimante. Le attività sono ritenute compatibili direttamente dalla legge (art. 53, comma 6, D.lgs 165/2001) che richiede solo una comunicazione da trasmettere, entro 30 giorni dall’inizio dell’attività, all’Amministrazione di appartenenza per consentirle di valutare la sussistenza di eventuali ipotesi di conflitto di interessi.
ESERCIZIO DELLA LIBERA PROFESSIONE: ATTENZIONE A CIÒ CHE SEMBRA MA NON È
L’esercizio della libera professione è consentito al personale docente, previa autorizzazione, a prescindere dal rapporto di lavoro in essere, mentre al personale ATA solo in caso di contratto di lavoro part-time fino al 50%.
- COSA È TENUTO A FARE IL DIPENDENTE?
Richiedere, ogni anno, e prima dell’inizio delle attività, l’autorizzazione al Ds.
- E IL DS?
Deve verificare, attraverso la valutazione della documentazione ricevuta, che si tratti effettivamente di “libera professione”, o di attività rientranti tra le libere professioni non regolamentate ai sensi della legge 4/2013, nonché l’assenza di ogni tipo di pregiudizio nei confronti dell’attività svolta dal dipendente.
- UNA SPECIE DEL GENERE “LIBERE PROFESSIONI”
La libera professione di avvocato. Un paio di aspetti rendono peculiare la sua disciplina.
Secondo la legge 247/2012 (Riforma dell’Ordinamento forense) e a seguito della sentenza della Cassazione a SS.UU. n. 21949/2015, l’esercizio della professione forense, per tutti gli iscritti all’albo dopo il 2/2/2013 è compatibile con l’insegnamento solo di materie giuridiche e questo è un aspetto di non poco conto ai fini delle valutazioni che dovrà fare il Ds in sede di autorizzazione.
L’autorizzazione per l’esercizio della professione può essere inoltre negata (e pertanto anche revocata) ad avvocati che patrocinano cause in cui sia parte la PA di appartenenza (Corte di Cassazione: sentenza n. 26016/2018).
LA RICHIESTA DI AUTORIZZAZIONE
- DAL PUNTO DI VISTA DEL DIPENDENTE
Vanno distinte due ipotesi: il neo immesso in ruolo e il dipendente con contratto già in essere.
I neo immessi in ruolo
Per loro, all’atto dell’assunzione non devono sussistere situazioni di incompatibilità.
- COME FARE?
Il principio di esclusività funge da regola: al momento dell’assunzione non possono sussistere altri rapporti di lavoro subordinato, né essere svolte attività commerciali o assunte cariche in società aventi scopo di lucro. Pertanto, tutte le attività riconducibili a tale tipologia dovranno cessare prima dell’assunzione alle dipendenze della PA.
In alternativa, il dipendente dovrebbe certamente dichiarare il tipo di attività in essere e richiedere l’instaurazione del rapporto di lavoro con la scuola direttamente a part-time con prestazione fino al 50%, lasciando le valutazioni del caso all’Amministrazione competente.
I dipendenti con contratto di lavoro già in essere
Un dipendente che, in corso d’anno, voglia avviare una nuova attività lavorativa extraistituzionale dovrà preliminarmente valutare di che tipologia di attività si tratti, al fine di seguire la procedura corretta.
In particolare, nel caso di nuovo rapporto di lavoro alle dipendenze di soggetti privati (con sottoscrizione di contratto subordinato di lavoro) il dipendente avrà alcune opzioni: usufruire dell’aspettativa di cui all’art. 18 del CCNL 2019/2022, oppure dell’aspettativa di cui all’art. 23-bis
D.lgs 165/2001, o ricorrere anche in questo caso al part-time, chiedendo (laddove possibile) la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Diversamente, nel caso di attività occasionali, servirà l’autorizzazione o la mera comunicazione a seconda del tipo di incarico.
- DAL PUNTO DI VISTA DEL DS
Una volta escluse le attività assolutamente incompatibili, e quindi non autorizzabili; e fatta salva l’eccezione di dipendenti in part-time fino al 50%, il Ds ai fini della concessione dell’autorizzazione dovrà valutare:
-
la compatibilità dell’attività (impegno, orario, carico di lavoro) che deve essere svolta al di fuori dell’orario di servizio;
-
la sussistenza dei requisiti di occasionalità e temporaneità;
-
l’eventuale presenza di conflitto di interessi con gli interessi ed il buon andamento della PA (questa valutazione va fatta sempre, anche nel caso di rapporto di lavoro part-time fino al 50%).
IL CONFLITTO DI INTERESSI. CONDIZIONE POTENZIALE E NON SOLO REALE
Il conflitto di interessi può riguardare sia la natura che l’oggetto dell’attività svolta. Consiste in quelle situazioni in cui il dipendente pubblico non agisce in conformità dei suoi doveri e responsabilità nell’interesse primario di servire la Pubblica Amministrazione di appartenenza.
Quali elementi occorre valutare? Del dipendente che produce istanza di autorizzazione: la qualifica ricoperta o il ruolo professionale svolto e le funzioni attribuite al soggetto interessato. Oltreché quanto dispone il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici; nonché valutare come “conflitto” ogni tipo di incarico ed attività che possa arrecare danno all’immagine dell’Amministrazione.
I REQUISITI DI ABITUALITÀ E PROFESSIONALITÀ
Nel caso del dipendente assunto a tempo pieno o part-time con prestazione lavorativa superiore al 50%, sono da considerare vietati gli incarichi che presentano i caratteri di abitualità e di professionalità.
Ma che significa, in concreto?
Perché si ravvisi il requisito della professionalità ed abitualità occorre che si tratti di attività svolte per la cura di interessi non propri, in maniera non occasionale e a prescindere dal fatto che vengano poste in essere in modo esclusivo e permanente.
In che modo va valutato l’incarico per essere autorizzato?
Secondo quanto disposto dalla Funzione Pubblica, nonché dalla recente giurisprudenza, gli incarichi “occasionali” non dovranno essere valutati soltanto singolarmente, ma anche complessivamente nell’ambito dell’anno solare di riferimento. Potrebbe, infatti, accadere che, sebbene un incarico sia di per sé compatibile, diventi incompatibile perché durante l’anno configuri un impegno continuativo ed abituale.
L’AUTORIZZAZIONE, PROCEDURA E CONSEGUENZE
La richiesta deve essere rivolta all’Amministrazione di appartenenza, che si esprime in 30 giorni.
Che valore ha il silenzio dell’Amministrazione?
Dipende dal tipo di attività: se si tratta di incarichi affidati da altre Amministrazioni pubbliche, avrà un valore positivo, diversamente negativo e l’autorizzazione si intenderà respinta.
Che caratteristiche deve avere la richiesta di autorizzazione?
È fondamentale che sia presentata ogni anno, che sia specifica della singola attività che si intende svolgere, che sia presentata prima di svolgere l’attività stessa.
E se il dipendente non la richiede?
La mancata richiesta dell’autorizzazione all’Amministrazione di appartenenza integra una grave violazione di legge e produrrà effetti sia patrimoniali che attinenti al rapporto di lavoro, nei confronti del dipendente che non vi ha provveduto per tempo.
In particolare, il compenso ricevuto per l’attività svolta dovrà essere versato all’Amministrazione e seguirà anche, dopo apposita diffida ad interrompere entro quindici giorni l’attività incompatibile, la decadenza dall’impiego.
Da non sottovalutare le eventuali conseguenze disciplinari, posto che l’Amministrazione sarà ben legittimata a valutare la sussistenza di profili di responsabilità per violazione del dovere di esclusività.
Ebbene sì, il dipendente pubblico, sia docente sia ATA, può svolgere un’altra attività o la propria libera professione. Concreta opzione che si sostanzia nel rispetto di regole e procedure precise (non sempre di facile comprensione o conoscibilità da parte dei soggetti interessati), che discendono dal principio costituzionale, ampio e omnicomprensivo, di esclusività che caratterizza lo status di dipendente pubblico.
Serve pertanto attenzione, conoscenza delle regole e dimestichezza con le stesse. Da ambo le parti.
Solo in tal modo sarà possibile operare correttamente, soddisfare le proprie esigenze in modo legittimo ed evitare di subire sanzioni con effetti pesanti o addirittura permanenti.