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Forme geometriche

GENTE di

SCUOLA

 Giacomo Allegrucci
   Quando la comunità educante
   costruisce la Civitas

   Dalla scuola al carcere, dal carcere alla scuola

• Lidia Cangemi   
   Partecipazione è Ben-Essere

 

Quando la comunità educante costruisce la Civitas
Dalla scuola al carcere, dal carcere alla scuola

Partendo da un approccio pedagogico che coniuga apprendimento e impegno sociale, la scuola viene messa in condizione di operare nel territorio per “essere” il territorio, con i suoi tessuti connettivi, in una dimensione dialogica che la faccia uscire dall’angolo dell’autoreferenzialità

per farsi comunità educante nel senso più ampio del termine, attraverso l’apertura e il servizio alla comunità.

 Docente di sostegno, 

di Filosofia e Scienze Umane

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La realtà a volte non è poi così razionale, ce lo perdoneranno i nostalgici di una certa dialettica. L’esperienza progettuale della professoressa Stefania Panza, accompagnata dalla disponibilità della dirigente del Liceo “A. Pieralli” di Perugia, Simona Zoncheddu, ha trasformato un ossimoro, un incontro tra stereotipi (quelli sulla scuola e sul carcere) in un’occasione unica, ma speriamo ripetibile, di crescita culturale. Un’esperienza autentica di Service Learning che ha finito per catalizzare le attenzioni dei ricercatori dell’INDIRE nazionale, sempre attenti alle avanguardie educative. 

 

Lasciamo che sia la professoressa Panza a iniziare a raccontare: «Abbiamo deciso di incamminarci in un viaggio, un viaggio tra le storie. Le storie degli altri e le nostre, che si intrecciano e si confondono in un continuo processo di condivisione e trasformazione. Abbiamo provato a "togliere la polvere" dalle emozioni, a ricomporre frammenti di vissuti, a cercare nuovi significati». 

 

Così nasce "Dentro al carcere. Storie di vita: raccontare, raccontarsi", un progetto che ha preso vita nella nostra scuola con l'obiettivo di esplorare, attraverso la narrazione e la fotografia, il confine tra il dentro e il fuori, tra la libertà e la reclusione, tra le nostre esperienze e quelle di chi vive la condizione della detenzione. 

Il progetto si è svolto nell'anno scolastico 2023/2024. Era rivolto ad alcune classi quarte dell’indirizzo “Scienze Umane” con il prezioso sostegno della dirigente scolastica, l’indispensabile collaborazione dell’intero collegio dei docenti, la partecipazione attiva di studenti e docenti coinvolti oltre all’indispensabile e la convinta adesione delle famiglie.

L'idea, semplice e al tempo stesso potente, era quella di dare voce a chi, troppo spesso, rimane inascoltato. Quella di arrivare, attraverso la narrazione autobiografica, strumento per costruire e ricostruire identità, a comprendere il presente per immaginare il futuro. Coniugando le parole con le immagini, il racconto con la riflessione, gli studenti hanno affrontato un percorso di consapevolezza e di crescita personale e collettiva.

 

Il progetto si è svolto durante le ore curricolari di “Scienze Umane” e attraverso incontri a piccoli gruppi in carcere con educatori e persone detenute; diversi gli ambiti disciplinari coinvolti: storico-legislativo, sociologico, psicologico e linguistico. Ogni incontro si concludeva con un momento di discussione, uno spazio di confronto aperto in cui gli studenti potevano riflettere sui temi emersi, condividere dubbi e riformulare certezze. 

 

A fare da filo conduttore è stata l'autonarrazione: raccontarsi per conoscersi, per riconoscersi, per trasformarsi. Gli studenti hanno tenuto un diario personale, raccogliendo pensieri e riflessioni stimolate da film, video e testi proposti. E poi c'era la fotografia, con il suo potere evocativo, capace di restituire frammenti di realtà e di offrire nuove prospettive. Ogni immagine diventa uno spazio narrativo in cui specchiarsi e da cui lasciarsi interrogare. 

 

Uno degli aspetti più significativi del progetto è stato l’incontro diretto tra gli studenti e le persone detenute. Durante le visite in carcere, gli studenti hanno avuto l'opportunità di raccontarsi e, allo stesso tempo, di ascoltare le storie di chi vive la reclusione. Ne è nato un dialogo autentico, spesso intenso, che ha permesso di abbattere stereotipi e di comprendere la complessità delle vite incontrate. 

 

Questi momenti hanno rappresentato uno scambio di esperienze e di emozioni, in cui ognuno ha trovato uno spazio per esprimersi e per sentirsi ascoltato. Raccontarsi è un atto profondamente educativo e formativo; ri-visitare la propria storia, provare a ricomporne i pezzi, essere ascoltati in uno spazio dedicato al pensiero aiuta a ritrovare il senso della propria unicità e a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e degli altri. 

 

Il carcere, in questo percorso, non è rimasto solo un luogo fisico, separato dal resto della società, ma si è trasformato in un ponte, in un punto di incontro tra esperienze diverse. La narrazione si è fatta collettiva, corale. Gli studenti hanno imparato a sospendere il giudizio, a guardare con empatia, a costruire relazioni significative. Abbiamo riscoperto il valore della comunità educante, capace di superare barriere e pregiudizi, di tessere legami e di promuovere il cambiamento. 

 

Questo progetto si inserisce nelle pratiche educative del Service Learning a cui il Liceo "Pieralli" crede profondamente, anche in virtù della partecipazione attiva alla rete regionale dell’Umbria che coinvolge numerose istituzioni scolastiche del territorio. 

Un motivato e nutrito gruppo di docenti dell'istituto si sta formando sul campo, elaborando proposte didattiche coerenti con tale avanguardia educativa, attraverso il prezioso contributo delle ricercatrici INDIRE Patrizia Lotti e Lorenza Orlandini. 

 

La ferma convinzione è quella di portare avanti un approccio pedagogico che possa coniugare apprendimento e impegno sociale, in cui gli studenti non si limitino a ricevere conoscenze teoriche, ma siano coinvolti in un’esperienza concreta di crescita personale e civica. 

Agendo in tale prospettiva la scuola viene messa in condizione di operare nel territorio per “essere” il territorio, con i suoi tessuti connettivi, in una dimensione dialogica che la faccia uscire dall’angolo dell’autoreferenzialità burocratica per farsi comunità educante nel senso più autentico del termine, attraverso l’apertura e il servizio. 

 

L'incontro e il dialogo con le persone detenute hanno permesso infatti agli studenti di sperimentare in prima persona il valore dell’empatia, della solidarietà e del servizio alla comunità, acquisendo competenze che vanno oltre la dimensione scolastica e si proiettano nella loro formazione come cittadini attivi e consapevoli. 

 

L'obiettivo era anche quello di combattere lo stigma e il pregiudizio, di promuovere la salute mentale e il benessere, di riflettere sulle forme di sofferenza e di malessere che attraversano la nostra società. E, soprattutto, di offrire uno spazio di crescita in cui il dialogo e la riflessione potessero diventare strumenti per interpretare il mondo. 

 

I risultati di questo viaggio sono stati sorprendenti. Gli studenti hanno sviluppato una maggiore capacità di ascolto, un'apertura al confronto, una consapevolezza più profonda dei fenomeni sociali complessi. Hanno imparato che le storie, tutte le storie, hanno valore. Che raccontarsi è un atto di coraggio, di fiducia e di speranza. Che, a volte, basta una parola, una foto, un incontro per cambiare prospettiva, per riscoprirsi parte di un'unica, grande narrazione collettiva. 

 

E questa storia, la nostra storia, continua… 

E noi, piccolo avamposto, continueremo a raccontare…

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