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ben-essere

La ricerca della felicità.
Ovvero il recupero 
del Ben-essere perduto

La scuola deve garantire il Ben-essere ma anche educare al Ben-essere, allo star bene con se stessi e con gli altri, insieme agli altri, coetanei e di altre generazioni. 

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 Docente di scuola secondaria di 2° grado.

Ufficio Studi CISL Scuola 

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Il recupero di una dimensione di Ben-essere1, soprattutto dopo gli anni difficili, più acuti, della pandemia da Covid-19, è divenuto centrale nelle riflessioni e nel dibattito di chi si occupa in diversa misura di cura; e la Scuola, insieme alla Sanità, è uno di quei soggetti pubblici che considerano tale dimensione come prioritaria della propria azione. 


Tra le immagini emblematiche di quel periodo ce n’è una, della Pasqua del ’21, in cui Papa Francesco, da solo, attraversa Piazza San Pietro per raggiungere il grande Crocifisso sul lato sinistro del sagrato.

La solitudine del Papa era la solitudine di tutti e tutte, credenti e non credenti, e rappresentava, con la forza evocativa di un corpo che incarna millenni di storia occidentale, ciò che ognuno di noi viveva: la ferita nella dimensione relazionale delle nostre esistenze, la disgregazione sociale ed emotiva della nostra vita, ciò che è costitutivo della nostra umanità e “donnità”. 


Il medium utilizzato per acquisire il messaggio che Francesco ci trasmetteva, di rinascita spirituale e vicinanza nell’isolamento di quei giorni, era quello virtuale della televisione e dei social, in quell’“infosfera” nella quale siamo immersi: caratteristica di una comunicazione ossimorica, che per stabilire relazioni ci spinge ancora di più nell’isolamento delle nostre vite private, nella dimensione individuale. 


La Scuola, luogo per antonomasia di relazionalità generazionale ed intergenerazionale, ha vissuto pienamente tale paradosso, costretta a scegliere tra una dimensione “in presenza”, con i rischi per alunni, studenti e lavoratori che sono stati ben evidenziati dalla scienza medica, e un’altra dimensione “a distanza”, in cui l’uso delle piattaforme on-line è entrato massicciamente nella pratica dell’insegnamento-apprendimento (e senza che i docenti fossero stati preparati e formati a ciò).

Fragilità già presenti nel nostro sistema sociale, povertà e ineguaglianze che nei due, tre anni tra il 2020 e il 2022, si sono acuite e diventate trasparenti alle varie e diverse letture del fenomeno. 


Il nostro sistema educativo e d’istruzione si trova oggi a farsi carico di tali fragilità che riguardano i bambini, gli adolescenti, i giovani (ne abbiamo parlato nel n. 4 di dicembre ‘23 di SeFweb), ma da cui il mondo degli adulti, compresi coloro che lavorano nella scuola, non è esente.  


Il messaggio che spesso trasmettiamo ai giovani è quanto meno confuso e contraddittorio: nel mentre li esortiamo all’autonomia e alla realizzazione di sé, chiediamo loro di farlo a modo nostro! Quale confusione e spaesamento determiniamo in loro, se noi adulti brancoliamo nelle nebbie dell’incertezza e dell’insicurezza! Ci sembra emblematico, a proposito, un testo uscito recentemente dal titolo “Sii te stesso a modo mio”2


Finalità ultima della scuola è quella di contribuire allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno e ciascuna nella costruzione della persona, della cittadinanza attiva, e ciò è possibile se il contesto ambientale, secondo un’accezione fisica e relazionale, lo permette. La scuola deve garantire il ben-essere ma anche educare al ben-essere, allo star bene con se stessi e con gli altri, insieme agli altri, coetanei e di altre generazioni: gli adulti tra loro, i coetanei tra loro e insieme agli adulti. Come può realizzarsi la finalità che abbiamo detto se il personale della scuola, i docenti, non sono felici di incontrare i colleghi e gli alunni, e questi ultimi non sono felici di vedere i loro insegnanti e compagni e lavorare insieme a loro?  

Fu per prima l’OMS, nel 1948, che associò la salute e il benessere, definendo la prima come “Uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”, definizione certamente legata al tempo in cui fu prodotta, a quella “ricerca della felicità” da sempre al centro della riflessione filosofica e politica. Già Epicuro nella “Lettera sulla Felicità” afferma che “non si dà vita felice senza che sia intelligente, bella e giusta, perché le virtù sono connaturate alla felicità e da questa inseparabili”, seguito da Seneca e Marco Aurelio. 


Il Medioevo, a partire da Agostino, sino a San Tommaso, a Dante, non si sottrae alla riflessione sulla felicità, ma la lega alla conoscenza e all’amore di Dio. La beatitudine somma per Dante sarà la percezione del divino, nella candida rosa del Paradiso. 


L’Umanesimo e il Rinascimento pongono al centro la celebrazione dell’esistenza terrena in tutti i suoi aspetti, accentuandone i valori edonistici, e riconducendo l’idea di felicità a una prospettiva laica. Ariosto, nei primi versi dell’“Orlando Furioso”, dichiarerà l’oggetto dell’opera “Le donne i cavalier, l’arme gli amori le audaci imprese che furo ai tempi che passaro il Mori d’Affrica il mare…”;  Lorenzo il Magnifico “chi vuol esser lieto sia, del diman non v’è certezza”: la felicità si raggiunge su questa terra, qui ed ora, Orlando non è più il paladino di re Carlo che combatte eroicamente per la difesa della fede cristiana, ma l’uomo innamorato che impazzisce per aver perduto l’amore della sua donna. Dovremo aspettare gli albori dell’Età Moderna e Contemporanea, il secolo dei pensatori e dei governi illuminati, quali Beccaria, Verri, Filangeri, Parini per veder affermata un’idea di felicità e benessere legata al miglioramento delle condizioni di vita delle persone e al raggiungimento del bene comune, in una dimensione “civica”. 


Sarà proprio dalla corrispondenza con il giurista napoletano Gaetano Filangeri che il presidente USA Franklin sarà sollecitato ad inserire nella Dichiarazione d’Indipendenza il concetto di “raggiungimento della felicità”, sostituendolo con quello di “proprietà”. 


Il diritto alla felicità come realizzazione della persona entra così nelle grandi Dichiarazioni e Costituzioni a partire dalla Dichiarazione d’Indipendenza Americana del 1776 e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, su cui si basano le Costituzioni liberal-democratiche dell’800 e ‘900. 


E dopo l’età dei totalitarismi e la distruzione delle Guerre Mondiali si arriva alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, incentrata sui diritti della persona, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 10 dicembre 1948 a Parigi; lo stesso anno che vede l’entrata in vigore del trattato istitutivo dell’OMS. 
Nella Costituzione italiana non si parla di diritto alla felicità, ma all’art. 2 si fa riferimento alla realizzazione della persona3, in un’ottica relazionale in cui i diritti individuali sono contemplati alla luce dei doveri nei confronti della collettività. 


Che cos’è la felicità di cui si parla nella Dichiarazione d’Indipendenza americana del 1776? Si chiede Hannah Arendt nel testo che mette a confronto le due grandi rivoluzioni della fine del XVIII secolo, quella americana e quella francese?4 L’aspirazione alla felicità – the pursuit of happiness – cui si fa riferimento, è quella pubblica, anche se nel tempo l’America ha perso tale dimensione a favore della felicità individuale. 
La felicità, la condizione di ben-essere, si possono raggiungere solo nella dimensione pubblica dello stare insieme, in presenza, con i nostri corpi, con i limiti e la bellezza della nostra corporeità, non in quanto individui isolati, ma come persone in relazione con altri, nella nostra dimensione “politica”. Del pensiero di Arendt ci sembra dare questa lettura Adriana Cavarero nel libro “Democrazia sorgiva. Note sul pensiero politico di Hanna Arendt”5


Nella ri-costruzione del ben-essere all’interno delle nostre scuole, dobbiamo lavorare alla ricucitura delle relazioni, alla ri-costruzione di legami di sostegno, cura e aiuto reciproco; dobbiamo moltiplicare le occasioni “in presenza”, facendo uscire i nostri adolescenti dalla solitudine del digitale. 

Non si è mai felici da soli, il “ben-essere” si costruisce nelle comunità, insieme agli altri a scuola, nei quartieri disagiati delle città, negli spazi urbani distrutti dalle speculazioni edilizie, nelle tante “Caivano” della nostra Italia. Ecco che nel realizzare concretamente il ben-essere di chi la frequenta, e di chi vi agisce professionalmente, la scuola deve essere “porosa”6 al suo interno, favorendo le interconnessioni tra gli studenti, i docenti e gli studenti, tra le famiglie, la scuola e il territorio; le scuole devono essere al centro di un ambiente “aperto”, capace di esaltare gli spazi naturali avvicinandoli alle persone. 


Se il benessere ha un carattere relazionale e si consegue nella comunità occorre che, accanto ai diritti, si torni a mettere al centro il rispetto e la responsabilità nei confronti degli altri, dei simili e dei diversi, nei confronti dell’ambiente e della natura. 


La scuola in questo processo ri-adattativo verso la natura, verso lo spirito di comunità, verso il “bello” e il “bene comune” può tornare a ricoprire una vocazione perduta: essere un’Istituzione aggregante nella quale riconoscersi in ogni fase del processo di sviluppo della persona, da bambini nati da poco, accolti nei nidi, ai ragazzi maggiorenni, fuori dall’obbligo scolastico, proiettati verso la vita adulta. Una delle “transizioni” su cui investire è per una “Scuola che unisce”, così come articolato nel Manifesto di CISL Scuola presentato a Palermo nell’ottobre del 2022: una scuola accogliente, inclusiva, pluralista, laboratorio di ricerca e innovazione, cardine di alleanze educative, luogo di partecipazione e condivisione, capace di incoraggiare le attitudini e le opportunità di tutti e di ciascuno, in una società ispirata alla solidarietà.  


È ancora il tempo di una scuola così, perché questa è la sua vera natura. E in questa scuola possiamo tornare a star bene ed essere felici! 

(1) Termine che intendiamo come essere nel mondo perseguendo il bene, il bene della persona e della comunità, nel rispetto e responsabilità verso gli altri che la abitano e verso la natura a cui le nostre esistenze sono indissolubilmente legate.

(2) Matteo Lancini, Sii te stesso a modo mio. Essere adolescenti nell’epoca della fragilità adulta, Raffaello Cortina, 2023.

(3) «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».

(4) Hanna Arendt, Sulla Rivoluzione, Einaudi, 2009.

(5) Adriana Cavarero, Democrazia sorgiva. Note sul pensiero politico di Hanna Arendt, Raffaello Cortina Editore, 2019. (6) Utilizzo il termine nell’accezione che ne dà l’Architetta Paola Viganò nell’ambito del Convegno Re-Inventing the city, Bologna, 6 giugno 2019.

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