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editoriale

Non è una crisi
irreversibile

Anche se i dati possono apparire sconfortanti,

la crisi della partecipazione non deve

ritenersi senza rimedio né irreversibile. Certamente non si può prescindere

da quanto sta producendo il diffondersi

di nuove modalità di comunicazione,

che incidono sul modo di relazionarsi

all’interno della comunità sociale:

i soggetti che agiscono nel sociale

possono indicare la direzione giusta

per un rilancio.

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Segretaria Generale

CISL Scuola 

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Il crollo della partecipazione al voto (poco più del 60% di votanti alle ultime politiche, peggio ancora alle successive regionali) fa apparire sempre più lontani i tempi in cui era quasi scontato considerare questo non soltanto un diritto, per scegliere da chi essere rappresentati e governati, ma anche un preciso dovere del buon cittadino.

Per ragioni anagrafiche non mi ha mai riguardato personalmente, e per il mio modo di pensare sarebbe stato un comportamento semplicemente inconcepibile ma so che fino al 1993 il non andare a votare era addirittura sanzionato, con l’apposizione – sul certificato di buona condotta – della dicitura “non ha votato”. Ciò non produceva effetti pratici, ma era comunque un segno di riprovazione sociale per ciò che veniva considerato come violazione di un dovere civico, in un Paese che aveva sofferto della privazione della libertà nel corso del ventennio fascista.

Del resto, il riconoscimento del valore della partecipazione ha radici antichissime, se è vero che già Aristotele affermava, in una delle lezioni raccolte nell’Etica nicomachea, che “la giustizia è interesse della comunità, e la comunità è fondata sulla partecipazione”.

Forse sarà anche necessario approfondire il peso che può avere il diffondersi di nuove modalità di comunicazione, e dunque di relazionarsi, all’interno della comunità sociale, tuttavia, i pochi dati che ho richiamato ci trasmettono l’impressione di vivere in un’epoca di drammatico decremento della partecipazione ai processi collettivi. Fa pensare, tanto per ancorare la riflessione a temi di attualità stringente, il fatto che l’astensionismo al voto si manifesti in particolare per il voto europeo, nonostante sia così evidente l’importanza crescente della dimensione sovranazionale.

Nel campo scolastico, questa deriva è efficacemente testimoniata dall’andamento, in costante calo, del voto per il rinnovo degli organi collegiali. Non è questa la sede per avventurarsi nell’analisi delle cause di tali complessi fenomeni, alla cui indagine sono dedicate tantissime pagine di politologi, sociologi e opinionisti della più varia estrazione. Certo è che si tratta di un male al quale anche il sindacato deve contrapporsi, favorendo la crescita di una più aggiornata e fattiva cultura del protagonismo collettivo, che poggi, a sua volta, sul rinnovato valore della comunità, da quella più ristretta del nostro ambito familiare e lavorativo a quella, o quelle, di natura politica delle quali siamo parte.

L’obiettivo, per la CISL, è tanto chiaro da aver dato luogo alla presentazione di una legge di iniziativa popolare il cui sottotitolo recita: per una governance di impresa partecipata dai lavoratori. Si tratta di una legge volta a costruire quegli elementi di democrazia economica che la nostra Costituzione richiama esplicitamente in più punti, ma in modo inequivoco laddove afferma che la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende (art. 46).

Questo diritto è funzionalmente riconosciuto, dal primo capoverso dell’art. 46, al fine dell’elevazione economica e sociale del lavoro, in armonia con le esigenze della produzione. Come efficacemente sottolineato dalla relazione di accompagnamento alla legge, l’elevazione del mondo del lavoro è richiamata in un altro punto della Carta costituzionale, precisamente all’art. 35, laddove si dice che la Repubblica cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Non a caso, si tratta dell’articolo immediatamente successivo a quello che statuisce i principi fondamentali dell’organizzazione scolastica nazionale, a sottolineare, ancora più chiaramente di quanto già non si faccia nel testo dell’art. 46, come la formazione e l’istruzione siano la via da percorrere per una società migliore e più giusta.

Per la CISL Scuola, il valore della partecipazione è riaffermato da uno slogan congressuale particolarmente efficace, pensato nel 2009 e da allora mai più abbandonato, anzi utilizzato in modo ricorrente nel corso degli anni fino a integrarsi, quasi come un un marchio di fabbrica, col nostro logo: In prima persona, al plurale.

Il messaggio è chiaro: un sindacato come il nostro affonda le proprie radici in un terreno reso fertile dall’impegno di ciascuno di noi nell’essere protagonista nella vita civile e sociale, come persona e non solo come individuo. Come persona che è consapevole di appartenere a una comunità di cui condivide responsabilità e destini. Non un protagonismo individualista e competitivo, dunque, troppo spesso assunto a modello da proporre anche in contesti che dovrebbero essere educativi, bensì un protagonismo condiviso e vissuto in chiave solidale, partecipando in modo proattivo alla vita della propria comunità sociale e professionale.

A quanti potrebbero ritenere che, sostenendo questa vocazione partecipativa e comunitaria, il sindacato si attardi su modelli culturali, sociali e politici ormai desueti, mi sento di rispondere che la crisi della partecipazione, ancorché segnalata da sintomi incontestabili, non deve ritenersi per forza una crisi irreversibile, se non addirittura mortale.

Una testimonianza in controtendenza ci può venire proprio delle elezioni delle RSU, che nel momento in cui scrivo queste note ci prepariamo ad affrontare, come sfida nella quale l’arma vincente (espressione che uso malvolentieri e solo per brevità) è proprio la capacità di stimolare partecipazione.

Il voto per le RSU finora ha sempre fatto registrare alti tassi di affluenza, e confido che sia una tradizione rispettata anche quest’anno. Credo che due fattori concorrano in modo particolare a determinare questa “felice anomalia”. Il primo è che la sensazione di poter incidere su dinamiche concretamente osservabili, e di cui si può misurare l’incidenza diretta sulla nostra vita quotidiana, costituisca una spinta partecipativa molto potente. Il secondo è che i cosiddetti “corpi intermedi”, che agiscono in ambito sociale, continuano a disporre di una vitalità inalterata nel corso degli anni, a dispetto dei ricorrenti tentativi della politica di ridimensionarne il ruolo e il peso.

Anche per questo, nel rilanciare l’invito al voto e al voto per le nostre liste, siamo convinti di dare un prezioso contributo a rafforzare il valore della partecipazione, aiutati in questo dal fatto di essere, come CISL, l’organizzazione che ha dimostrato di saper investire con maggiore convinzione sul ruolo della contrattazione e sul valore fondamentale che può avere, per l’intera collettività, la disponibilità di ciascuno a spendere ogni giorno “in prima persona al plurale” il proprio impegno in campo sociale e professionale.

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